La parola e l’ultimo bossolo …

Il mio nome è nessuno

Parlo a te che sei al di là del vetro, nella speranza che comprendi quello che sto dicendo …

A te che resisti affannosamente giorno dopo giorno in questa gelida arsura …

Tu lo sai … tu hai visto che le sue orecchie si sono fatte rosse quando gli hai detto “io me ne vado”. Gestiscilo tu questo cazzo di comportamento, io ho chiuso…

Tu infingardo trascorri il tuo tempo ricattandomi per quel che non sono per negare quel che faccio, ne ho basta delle tue botte.

Sono Stuf*, prostrat*, stanc*, umiliat* della merda che per te ho sfangato in nome di qualche stupido virgolettato.

Mi hai rotto i coglioni

Un tempo ero una tranquilla donna, un quieto ominicchio che si aggirava nel silenzio dei sorrisi e delle umiliazioni.

Tu quando scadi ? “Qual è il tuo bollino di provenienza”, ma che cazzo me ne frega della provenienza non basta che io faccia quello che tu vuoi … Ora basta

Era il 1908, quando a New York le donne e operaie di una fabbrica tessile – la Cotton – decisero di scioperare per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare.

Era l’8 marzo 1908, quando il proprietario di quella fabbrica decise di bloccare le porte.

Era l’8 marzo 1908, quando venne appiccato il fuoco a quella fabbrica e le 129 donne bloccate al suo interno morirono.

Ma tutti i giorni cessiamo di vivere nel sogno negato di una vita semplice, cibo e una prole da accudire …

Ma tu ora mi hai rotto i coglioni e ora basta, mi hai rotto i coglioni e io ti spacco il cranio …

Asservito alla corte delle palle hai chiuso, fammi vedere di cosa sei capace oltre che tagliare le teste, la nostra testa, la mia testa.

Provi gioia nel vederla ruzzolare giù per il declino ?

Adda passa’ a nuttata, ma tu sei sicuro di passare la prossima?

A fuoco le galere della vita, a fuoco il lavoro salariato, a fuoco la paura, a fuoco la tua vita per la salvezza di TUTTE le vite

Nessun burattino, nessun burattinaio

Nessun* potrà tirare nessun filo alla rivolta.
Nessun* potrà dire quel che è giusto o quello che è sbagliato (non in linea).
Il nostro solco è la lotta, la rivolta per il nuovo mondo di cui nemmeno noi conosciamo i contorni.
Basta con i burattinai, basta con i tromboni dalle frasi fatte.
Il futuro sarà solcato dall’ombra delle nostre figure in un giorno assolato come in nella notte piovosa.
Non c’è nessun comunismo, nessun anarchismo, nessuna libertà nel nostro futuro se questo è un dogma, questa è roba da figli di puttana normati e borghesi.
Il nostro supposto è quello che sarà, qualcosa di diverso, che ancora non conosciamo, ma che già tracciamo con il nostro sangue.
Certo abbiamo dei riferimenti degli individui, donne e uomini come noi, che stimiamo ma non idolatriamo.
La dialettica non insegna se dobbiamo ricordare ripetendo beceramente (storico), non è forse vero che dobbiamo capire insieme agli altri che anche noi cambiamo? (dialettica)
… Tanti anni fa, all’uomo venne in mente un’idea degna del suo intelletto: quella di spiegare i fenomeni per lui incomprensibili affidandoli alle mani di un burattinaio, che potesse esercitare un supremo controllo sull’umanità.
Questo burattinaio in principio era diviso in varie persone, per poi col tempo venir considerato come unico essere, passando da iroso ed autoritario ad essere misericordioso e giusto.
Lo si chiami Giove, o Allah, o Javè, o Dio, il concetto resta immutato.
Questa materializzazione di un pensiero astratto che è l’origine delle cose, si è manifestata con la creazione di un’entità dalle fattezze umane che vigila da “dietro le quinte”.
L’obiettivo che tristemente assilla ogni donna, ogni uomo è uno solo, ed è la verità.
Questa verità, che tutti cercano, che per alcuni rappresenta uno scopo di vita, e che per altri è secondaria perché irraggiungibile, ha portato le menti più illustri del nostro passato ad interrogarsi ed a imprimere le loro riflessioni.
E’ la continua ricerca, che spinge tutti noi ad evolversi a capire ed insieme ad altri ad apprezzare.
Non è una religione laica la nostra idea, ma bensì una profana bestemmia all’abitudine degli schemi dei fronti, delle democrazie progressive, passo dopo passo.
Come può il nuovo essere catalogato ancor prima di combattere per esso?
Quindi basta religioni e chi le professa, di ingiustizia e misericordia ne abbiamo piene le tasche.
Ma ancora le persone credono in essa.
Questo perché, se da un lato il “progresso scientifico” è riuscito a sostanziare uno pseudo progresso, dall’altro non è riuscito a spiegare abiura a cui tutti noi siamo costretti quotidianamente a soggiogare.
In effetti, i catto-comunisti prolificano abbondantemente ancora tra noi (così come altre religioni) perché risulta essere abbastanza modaiolo essere il grillo parlante al fine di poter essere professata/o.
La paura dell’ignoto, questo è la palla al piede che ci teniamo, la voglia di poter dare una spiegazione a tutto.
L’alternativa è il rifugiarsi nell’accettazione dell’esistenza “del paradiso e dell’inferno”.
Quindi è la pigrizia, insieme alla paura, sembrerebbero essere la spiegazione razionale al perché ancora ha fede nel burattinaio.
Qual è la verità?
La risposta che parlando con franchezza più mi piace, è che non ci sono risposte.
Non siamo tenuti a sapere quale sia la verità, e dobbiamo vivere accettando la nostra ignoranza.
So che questo va abbastanza in conflitto con lo spirito di conoscenza che ci muove, ma questa potrebbe essere una grande prova di resistenza.
L’anarchia delle idee.

ma dove cazzo corri ?

in un immaginario scambio di idee con un libertario di AcrataZ …

Cosa succederebbe se non ci fosse lo stato, il governo?

William Godwin ha una risposta: che se gli uomini sono razionali, non occorre fare leggi razionali AL DI SOPRA di loro. Insomma senza il governo saremmo non meno razionali di adesso. Anche Stirner ha una risposta: al posto degli stati e delle società fatte a uso e consumo degli stati e di chi li possiede, si può avere l’Unione degli Egoisti, dove ciascuno sta perché sta bene, e non perché ci deve stare.
Beh, a dire il vero quasi tutti i pensatori anarchici e libertari hanno una risposta a questa domanda; se vuoi cercarle, non resterai a mani vuote.

Per le pensioni, io dico: facciamo un passo indietro. Perché si lavora? per mangiare? magari si lavorasse solo per mangiare! Perché le tasse? Lo stato si arroga il non dirti dove vanno esattamente i soldi che paghi tu. Per pagare un euro di ambulanze, intanto hai pagato tre euro di cacciabombardieri. Ti sembra corretto?
E per le pensioni in senso stretto, credi che una organizzazione non statale non saprebbe organizzare il mutuo soccorso? Invece sì, guarda la storia.

Per la pubblica istruzione, è una gran truffa. Ti obbliga a studiare certe cose piuttosto che tutte le altre, se ne frega di quello che sei e di quello che vuoi fare tu, e se alla fine di tutto il giro resti povero e ignorante come prima, il che è statisticamente arci-provato, ti dice che è colpa tua, che hai avuto le stesse opportunità degli altri ma hai fallito.
Ivan Illich lo spiega così: la scuola è l’agenzia pubblicitaria che ti fa diventare consumatore felice di un mondo di merda. Come fare? Illich pensava a un buono-scuola, quando hai voglia di imparare una cosa te lo usi. Un po’ come hai fatto tu leggendoti delle cose sull’anarchia… non te l’ha mica chiesto il prof di filosofia, vero?

Cosa sarebbe un paese senza leggi?
E che ci importa cosa sarebbe “il paese”? Che roba è “il paese”? parliamo di noi, delle persone. Gli anarchici pensano in generale che delle persone più libere sono più felici. Qui entra in gioco la paura di essere liberi: se io quando sono lasciato libero sto male perché ho paura, devo prima togliermela per poter essere libero da dentro, da me, autoregolandomi.

Chi stabilisce le regole se non c’è il potere legislativo ?
I diretti interessati! Anche la redazione AcrataZ ha delle regole, ad esempio i criteri di pubblicazione su AcrataZ, ma sono intese come un MEZZO sempre in discussione, non un dogma, un fine o non un dovere.
A proposito, ci sono moltissimi esempi storici di associazioni dove le regole valgono sono per chi le accetta: a parte i “soliti” anarchici, diverse associazioni legate nel diritto germanico, il consiglio degli indiani Irochesi, e anche cose molto istituzionali, come le corti d’Aragona fino a metà del sedicesimo secolo, o la Dieta polacca di un tempo. In realtà ogni federazione degna di questo nome ha caratteristiche simili, e puoi leggere su AcrataZ l’articolo su di Gigi di Lembo sul Federalismo e Carlo Pisacane per capire come il tutto può essere pensato su grande scala.

Che cos’è la libertà?
La tua libertà, solo tu la sai, momento per momento. Non puoi chiederlo a noi che cos’è… ma possiamo cercare insieme di essere sempre più liberi di essere felici.
Un buon punto di partenza per essere liberi sembra essere quello di fare una bella pulizia; togliersi la crosta di regole che ti vengono colate addosso sin dalla più tenera infanzia, e recuperare un poco di mobilità. Se non ti puoi proprio muovere è un po’ triste disquisire su dove andare.
Un punto interessante è che togliendoti tutta questa carcassa di paure e inferiorità, potresti stare male, sentirti perduto… quando vai in profondità devi capire bene cosa è tuo e cosa non lo è, cosa serve solo a chi te lo ha inculcato e cosa invece piace a te.
Personalmente non so se uno che NON conosce se stesso può comunque essere libero in modo sistematico e volontario, non accidentale; direi di no, ma non so.

Perché uno non può avere una idea da persona anarchica e nello stesso tempo essere cattolico?
Mmm. Mi sembrano cose contraddittorie. Il cattolicesimo che conosco benedice le dittature, le guerre, maschera l’ingiustizia del mondo con raffinati discorsi, delega tutto alla sottomissione, dice che ci saranno sempre i ricchi e i poveri, pensa che ci siano i dannati, è insomma classista, autoritario, antiegualitario per eccellenza. È vero che ad esempio Tolstoj era un anarco-cristiano; ma Tolstoj non era una beghina fascista, era cristiano in un senso molto umanista. La frase a cui ti riferisci, se c’è e la ha scritta la redazione di AcrataZ, vuol però dire un’altra cosa: che essere anarchici non è mettersi un dogma sul groppone, per cui anche la libertà non va pensata come Libertà con la “L” maiuscola, come cosa da adorare e di cui fare l’ennesima religione accettata passivamente, magari soffrendo e facendo soffrire per la maggior gloria di qualche potere, ma come una pratica comune, mutevole, che dipende da noi, e non da cui dipenderemmo noi.

In tutti i lavori o si è dipendenti o si comanda?
Bakunin dice che in termini di stivali si rimette senza dubbio all’autorità del calzolaio: come dire, se vuoi costruire un casa che non crolla e non sai fare i calcoli strutturali, è certo bene affidarti a qualcuno che li sappia fare: ma un conto è riconoscere le capacità di uno, un altro prenderlo per “capo” ed esserne dipendenti. Anarchicamente se uno sale sulla scala a piantare un chiodo, un altro gli può tenere la scala… ma non c’è certo relazione di dominio! Si può obiettare che senza strutturazione autoritaria del tipo capo/dipendenti la produttività crollerebbe.
E allora? è già completamente dopata! produciamo un sacco! e produciamo un sacco di roba che non solo non serve ma fa malissimo! E poi: sicuri? Sicuri che sotto la frusta le persone lavorino meglio che se hanno motivazioni proprie?
Attenzione: qui entra in gioco la “servitù volontaria” di La Boetie. Tanti accettano di essere dominati a patto di dominare qualche pesce più piccolo. E poi, c’è il vantaggio di defilarsi. Obbedire lima, liquefa e erode le persone, ma tutto sommato è più facile che farsi le cose da sé. Non a caso la democrazia attuale funziona così bene (cioè, male) quando quasi tutti si occupano di politica… quando? MAI. Pensa che casino succederebbe se invece di farsi di TV per tre ore ogni sera, ogni sera uno ci si chiedesse: che cazzo succede? dove corro? sono felice? sono libero?
Molti hanno notato che in un mondo anarchico si lavorerebbe nettamente di meno nei lavori classici, ma si lavorerebbe moltissimo nel “lavoro” di far funzionare gioiosamente l’anarchia.

“Il vero problema dell’anarchia: che sostanzialmente si basa su idee che per una comune persona possono sembrare irraggiungibili, o addirittura ridicole”
“Persona comune”, chi è? Quella che sociosbirri e psicopolitici, Auditel e Istituti di Stato-istica dicono che io sono, ovvero che io devo essere? Se continuiamo a ragionare in termini di “persona comune” continueremo a vivere sempre in un mondo di merda… sei tu la “persona comune”? sono io?
perché dovrei esserlo? e se non voglio?
“In questa testa ho una confusione che non immaginate neanche”
Buon segno, vuol dire che nella tua testa c’è vita!
Ciao!
Akratik

UN ALTRO ANNO DI RABBIA E DIGNITA’

GENOVA Operaio suicidato: aveva perso il lavoro
Un metalmeccanico genovese di 37 anni si è ucciso ieri gettandosi dal viadotto dell’autostrada A7 Milano-Genova nel tratto tra Genova Ovest e Bolzaneto, in località Rivarolo. L’uomo aveva perso il lavoro un anno fa, ed era caduto in depressione, anche perché padre di tre bambini. L’uomo non ha lasciato messaggi. Si è gettato dal viadotto che attraversa via Piombelli.

Non abbiamo che la rabbia e la dignità. (da un post del 1 gennaio 2009 ed oggi …)

La rabbia che ci fa inorridire davanti alle immagini di questi giorni nella Striscia di Gaza, ai barconi stracolmi di uomini, donne e bambini che arrivano su improbabili barche nelle nostre coste, a chi non ci riesce e muore a tredici anni schiacciato dal tir sotto cui si nascondeva.

La rabbia che proviamo di fronte a questa guerra che ci impone nuove basi militari o all’arroganza del potere che vuole distruggere i nostri territori con mega discariche o linee ad alta velocità.

La rabbia che abbiamo provato in tanti per l’omicidio di Alexis in Grecia, come Carlo Giuliani a Genova, sette anni indietro. Per Abbba.

La rabbia che proviamo di fronte al Potere che ci vuole impoverire, sfruttare, controllare.

La rabbia verso chi sgombera spazi sociali e case occupate, agli imbecilli che predicano e praticano l’odio e la violenza.

La rabbia per chi è rinchiuso in un CPT e si ribella. Per chi muore di freddo nelle nostre ricche città o dal fuoco in una baracca.

La rabbia che proviamo nel ricatto dei padroni e dei suoi aguzzini (Marchionne) che goccia a goccia ci negano il futuro.
Lo stesso tasso di gioia (un referendum tra la morte e l’oblio) assuefatti alla noia viviamo così mondi sommersi tutti da scoprire.

Un nuovo viaggio nel FIAT-NAM

Riprendiamoci la FIAT, e tutti i luoghi del profitto, che sono nostri e non solo per il sangue proletario versato ma perché siamo noi che facciamo ricca la terra con il nostro sudore.

La dignità è la nostra arma, l’arma di chi in tutto il mondo non si sottomette, non accetta, e cerca di costruire altri cammini.
Partiamo dunque per un viaggio di cui non conosciamo le strade, né immaginiamo le destinazioni. Un viaggio lungo un anno ma anche cento, mille, e che durerà un anno e anche cento. Ma non sapere le strade non significa non avere nulla negli occhi. E sono le immagini di Gaza martoriata, dei suoi figli più piccoli massacrati e straziati, ad occupare oggi tutta la nostra visuale.

Partiamo con il cuore stretto da una morsa, quella dell’assurdità di questo mondo ingiusto, orribile. Partiamo sapendo che questo ci resterà dentro, ed è l’unica cosa che sappiamo. Si può forse portare con sé il dolore come compagno di viaggio? Si può mettersi in cammino con questo fardello che ti pesa e ti schiaccia?
Dovremo imparare a portarlo, impedendo che esso ci inchiodi al suolo, fermi, prostrati.
I bimbi di Gaza, come quel murales di Banksy tracciato sul muro israeliano della vergogna e dell’aphartheid, vogliono solo volare, attaccati ad un pallone che sale verso il cielo.
A loro, ai loro sogni e desideri che qualcuno o qualcosa di mostruoso cerca di rubare, va il nostro pensiero. E se nel percorso sconosciuto in cui ci avventuriamo, la coltre di nebbia, di fumo, di oscurità sarà fitta così tanto da renderci incapaci di proseguire, alzeremo gli occhi, cercando gli occhi che ridono dei bambini di Gaza che volano.

Aldo Bianzino

Le politiche securitarie governative (nazionali e locali), dalla militarizzazione del territorio, alla presenza sempre più massiccia di telecamere, alle limitazioni al diritto di mobilità, sono forme del controllo contemporaneo con cui si tende ad uniformare comportamenti e stili di vita.
Queste situazioni ci riguardano tutte e tutti perché attivano meccanismi diffusi di repressione, alimentando ondate razziste e xenofobe, mentre si erodono progressivamente diritti dei singoli, precarizzati nella vita e nel lavoro, e sicurezza sociale.
Tali politiche, appoggiate da destra e sinistra, passano principalmente attraverso il corpo delle donne. Quello che si vuole è creare uno stato di paura diffusa e legittimare un controllo sempre più intenso e liberticida, che di fatto è un’espropriazione dei territori, dei corpi, delle nostre vite.

veritaperaldo il sito

Aldo Bianzino


La morte nel carcere di Capanne, per un pestaggio, di un falegname incensurato non fa indignare nessuno in questo Paese di MERDA? Il medico legale ha riscontrato quattro ematomi cerebrali, fegato e milza rotte, due costole fratturate. Nessun parlamentare alza la voce per gridare di un cittadino italiano ammanettato nella notte in casa sua insieme a sua moglie per qualche piantina di canapa nell’orto? Portati via come i peggiori delinquenti lasciando soli una vecchia di novant’anni e un ragazzino di 14 in un casolare isolato?
Pochi mesi dopo la morte di Aldo Bianzino, la nonna del ragazzo è morta, forse per il dispiacere, la moglie è morta per malattia accelerata dallo stress. E’ rimasto il ragazzo, Rudra. Se fosse nato in qualunque altro Paese democratico, i suoi genitori sarebbero ancora in vita.
La coca in Parlamento e Bianzino massacrato per delle piantine di canapa, una famiglia distrutta. I colpevoli impuniti, chissà, forse premiati. Uno Stato criminale non saprebbe fare di meglio.