Eduardo de Filippo il rivoluzionario

 

Era una sera di fine estate, l’autunno già alle porte, il lavoro, la stanchezza, la rabbia, le luci blu … erano i giorni degli invisibili. Ci si muoveva velocemente lungo i muri cercando d’evitare gli sguardi insistenti … tutti chi più e chi meno avevamo un amico, un compagno blindato. La “libertà” era un prezzo da pagare con l’abiura e nessuno di noi sapeva se questo o quell’altro pur d’uscire avesse detto quello che non era mai successo. Eppure nonostante questo c’era un tempo in cui in fabbrica entrava il grande Eduardo De Filippo e c’era un tempo in cui il popolo operaio, con il vestito della festa, varcava insieme a tutta la famiglia la soglia del grande “capannone 6” per andare a teatro. È accaduto molti anni fa, all’inizio degli anni 80, all’Alfa di Arese. Undicimila persone, tra operai, familiari o semplici compagni come me, si radunarono per assistere alla rappresentazione della “Filumena Marturano”. Non capivo bene quel che diceva, io sono un figlio del profondo nord, ma il suo sguardo, la sua voce, gli occhi della gente che mi circondava, bastava per riempire il mio tempo.

Era l’Alfa Romeo di Arese.
Lì erano arrivati molti lavoratori dal sud e da lì alcuni ripartivano orgogliosi a bordo della Giulietta, costruita con le loro mani per tornare al paese, «perché quando i paesani sentivano il rombo si toglievano il cappello».

Il 19 settembre del 1980, Eduardo De Filippo accettò l’invito dei lavoratori e del Consiglio di Fabbrica dell’Alfa Romeo e recitò stupende poesie davanti ad un pubblico affollato ed entusiasta. Sul palco, appositamente allestito in uno dei reparti della fabbrica, il grande attore era emozionato, per la prima volta recitava in una fabbrica: “la prima volta, perché nessuno me l’aveva chiesto prima.” E dedicò agli operai dell’Alfa la prima poesia, la sua preferita:

Pensieri miei

Pensieri miei, toglietevi ‘sti panni,
stracciatevi la camicia, uscite ignudi.
Se non tenete un “abito” scuro,
a che vi servono i vestiti?.

E nudi scendete per la strada
E se si fa folla, camminate.
Se sentite gridare, non vi fermate:
un pensiero spogliato deve fare folla.

Correte fino in cima a una montagna,
e quando i piedi si sono consumati,
forza e coraggio, buttatevi giù …
chiudendo gli occhi prima di lanciarvi.

Che vi trovano nudi? Non fa niente.
Ci sarà sempre un tizio sconosciuto
Che non lo dice … che rimane muto …
E vi riveste prima di sotterrarvi.

Non abbiamo che la rabbia e la dignità.

Qui di seguito riporto integralmente una lettera che Sole aveva scritto dopo la morte di Baleno.

 

Compagni

la rabbia mi domina in questo momento. Io ho sempre pensato che ognuno è responsabile di quello che fa, però questa volta ci sono dei colpevoli e voglio dire a voce molto alta chi sono stati quelli che hanno ucciso Edo: lo Stato, i giudici, i magistrati, il giornalismo, il T.A.V., la Polizia, il carcere, tutte le leggi, le regole e tutta quella società serva che accetta questo sistema.

Noi abbiamo lottato sempre contro queste imposizioni e’ per questo che siamo finiti in galera.

La galera e’ un posto di tortura fisica e psichica, qua non si dispone di assolutamente niente, non si può decidere a che ora alzarsi, che cosa mangiare, con chi parlare, chi incontrare, a che ora vedere il sole. Per tutto bisogna fare una “domandina”, anche per leggere un libro. Rumore di chiavi, di cancelli che si aprono e si chiudono, voci che non dicono niente, voci che fanno eco in questi corridoi freddi, scarpe di gomma per non fare rumore ed essere spiati nei momenti meno pensati, la luce di una pila che alla sera controlla il tuo sonno, posta controllata, parole vietate.

Tutto un caos, tutto un inferno, tutto la morte.

Così ti ammazzano tutti i giorni, piano piano per farti sentire più dolore, invece Edo ha voluto finire subito con questo male infernale. Almeno lui si e’ permesso di avere un ultimo gesto di minima liberà, di decidere lui quando finirla con questa tortura.

Intanto mi castigano e mi mettono in isolamento, questo non solo vuol dire non vedere nessuno, questo vuol dire non essere informata di niente, non avere nulla neanche una coperta, hanno paura che io mi uccida, secondo loro il mio e’ un isolamento cautelare, lo fanno per “salvaguardarmi” e così deresponsabilizzarsi se anche io decido di finire con questa tortura.

Non mi lasciano piangere in pace, non mi lasciano avere un ultimo incontro con il mio Baleno.

Ho per 24 ore al giorno, un’agente di custodia a non più di 5 metri di distanza.

Dopo quello che e’ successo sono venuti i politici dei Verdi a farmi le condoglianze e per tranquillizzarmi non hanno avuto idea migliore che dirmi: “adesso sicuramente tutto si risolverà più in fretta, dopo l’accaduto tutti staranno dietro al processo con maggiore attenzione, magari ti daranno anche gli arresti domiciliari”.

Dopo questo discorso io ero senza parole, stupita, però ho potuto rispondere se c’è bisogno della morte di una persona per commuovere un pezzo di merda, in questo caso il giudice.

Insisto, in carcere hanno ammazzato altre persone e oggi hanno ucciso Edo, questi terroristi che hanno la licenza di ammazzare.

Io cercherò la forza da qualche parte, non lo sò, sinceramente non ho più voglia, però devo continuare, lo farò per la mia dignità e in nome di Edo.

L’unica cosa che mi tranquillizza sapere e’ che Edo non soffre più. Protesto, protesto con tanta rabbia e dolore.

Sole

 

La parola e l’ultimo bossolo …

Il mio nome è nessuno

Parlo a te che sei al di là del vetro, nella speranza che comprendi quello che sto dicendo …

A te che resisti affannosamente giorno dopo giorno in questa gelida arsura …

Tu lo sai … tu hai visto che le sue orecchie si sono fatte rosse quando gli hai detto “io me ne vado”. Gestiscilo tu questo cazzo di comportamento, io ho chiuso…

Tu infingardo trascorri il tuo tempo ricattandomi per quel che non sono per negare quel che faccio, ne ho basta delle tue botte.

Sono Stuf*, prostrat*, stanc*, umiliat* della merda che per te ho sfangato in nome di qualche stupido virgolettato.

Mi hai rotto i coglioni

Un tempo ero una tranquilla donna, un quieto ominicchio che si aggirava nel silenzio dei sorrisi e delle umiliazioni.

Tu quando scadi ? “Qual è il tuo bollino di provenienza”, ma che cazzo me ne frega della provenienza non basta che io faccia quello che tu vuoi … Ora basta

Era il 1908, quando a New York le donne e operaie di una fabbrica tessile – la Cotton – decisero di scioperare per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare.

Era l’8 marzo 1908, quando il proprietario di quella fabbrica decise di bloccare le porte.

Era l’8 marzo 1908, quando venne appiccato il fuoco a quella fabbrica e le 129 donne bloccate al suo interno morirono.

Ma tutti i giorni cessiamo di vivere nel sogno negato di una vita semplice, cibo e una prole da accudire …

Ma tu ora mi hai rotto i coglioni e ora basta, mi hai rotto i coglioni e io ti spacco il cranio …

Asservito alla corte delle palle hai chiuso, fammi vedere di cosa sei capace oltre che tagliare le teste, la nostra testa, la mia testa.

Provi gioia nel vederla ruzzolare giù per il declino ?

Adda passa’ a nuttata, ma tu sei sicuro di passare la prossima?

A fuoco le galere della vita, a fuoco il lavoro salariato, a fuoco la paura, a fuoco la tua vita per la salvezza di TUTTE le vite

Nessun burattino, nessun burattinaio

Nessun* potrà tirare nessun filo alla rivolta.
Nessun* potrà dire quel che è giusto o quello che è sbagliato (non in linea).
Il nostro solco è la lotta, la rivolta per il nuovo mondo di cui nemmeno noi conosciamo i contorni.
Basta con i burattinai, basta con i tromboni dalle frasi fatte.
Il futuro sarà solcato dall’ombra delle nostre figure in un giorno assolato come in nella notte piovosa.
Non c’è nessun comunismo, nessun anarchismo, nessuna libertà nel nostro futuro se questo è un dogma, questa è roba da figli di puttana normati e borghesi.
Il nostro supposto è quello che sarà, qualcosa di diverso, che ancora non conosciamo, ma che già tracciamo con il nostro sangue.
Certo abbiamo dei riferimenti degli individui, donne e uomini come noi, che stimiamo ma non idolatriamo.
La dialettica non insegna se dobbiamo ricordare ripetendo beceramente (storico), non è forse vero che dobbiamo capire insieme agli altri che anche noi cambiamo? (dialettica)
… Tanti anni fa, all’uomo venne in mente un’idea degna del suo intelletto: quella di spiegare i fenomeni per lui incomprensibili affidandoli alle mani di un burattinaio, che potesse esercitare un supremo controllo sull’umanità.
Questo burattinaio in principio era diviso in varie persone, per poi col tempo venir considerato come unico essere, passando da iroso ed autoritario ad essere misericordioso e giusto.
Lo si chiami Giove, o Allah, o Javè, o Dio, il concetto resta immutato.
Questa materializzazione di un pensiero astratto che è l’origine delle cose, si è manifestata con la creazione di un’entità dalle fattezze umane che vigila da “dietro le quinte”.
L’obiettivo che tristemente assilla ogni donna, ogni uomo è uno solo, ed è la verità.
Questa verità, che tutti cercano, che per alcuni rappresenta uno scopo di vita, e che per altri è secondaria perché irraggiungibile, ha portato le menti più illustri del nostro passato ad interrogarsi ed a imprimere le loro riflessioni.
E’ la continua ricerca, che spinge tutti noi ad evolversi a capire ed insieme ad altri ad apprezzare.
Non è una religione laica la nostra idea, ma bensì una profana bestemmia all’abitudine degli schemi dei fronti, delle democrazie progressive, passo dopo passo.
Come può il nuovo essere catalogato ancor prima di combattere per esso?
Quindi basta religioni e chi le professa, di ingiustizia e misericordia ne abbiamo piene le tasche.
Ma ancora le persone credono in essa.
Questo perché, se da un lato il “progresso scientifico” è riuscito a sostanziare uno pseudo progresso, dall’altro non è riuscito a spiegare abiura a cui tutti noi siamo costretti quotidianamente a soggiogare.
In effetti, i catto-comunisti prolificano abbondantemente ancora tra noi (così come altre religioni) perché risulta essere abbastanza modaiolo essere il grillo parlante al fine di poter essere professata/o.
La paura dell’ignoto, questo è la palla al piede che ci teniamo, la voglia di poter dare una spiegazione a tutto.
L’alternativa è il rifugiarsi nell’accettazione dell’esistenza “del paradiso e dell’inferno”.
Quindi è la pigrizia, insieme alla paura, sembrerebbero essere la spiegazione razionale al perché ancora ha fede nel burattinaio.
Qual è la verità?
La risposta che parlando con franchezza più mi piace, è che non ci sono risposte.
Non siamo tenuti a sapere quale sia la verità, e dobbiamo vivere accettando la nostra ignoranza.
So che questo va abbastanza in conflitto con lo spirito di conoscenza che ci muove, ma questa potrebbe essere una grande prova di resistenza.
L’anarchia delle idee.