ciao Bebo o Baffo o Bube è il 25 aprile 2009

Eh si la tua storia, caro Bube, è come la storia della Resistenza, ogni "scrittore" racconta il  suo il romanzo e la sua versione: retorica, opportunista, di disprezzo, di negazione oppure di esaltazione manierata,ogni momento politico ha la sua resistenza romanzata, mentre si vive la resistenza reale.
Bube o Baffo o Bebo  si chiamava,  Renato Ciandri in realtà, nato da una famiglia povera e Mara si chiamava Nada Giorgi. A me piace pensare che il suo nome di battaglia era il soprannome che gli avevano affibbiato da ragazzo Bebo.

Sapere la storia combattente di Bebo oltre che la sua storia d’amore può servire a capire alcune  cose sulla Resistenza e i Partigiani.
Bebo ha combattuto nella zona fra Pontassieve, Monte Giove e Dicomanno,passando da una banda all’altra.
Era chiamato "ribelle fra i ribelli" per i suoi numerosi atti di insubordinazione alla disciplina, infatti come la maggior parte di tutti questi sognatori combattenti ubbidì all’ordine di arruolarsi in un esercito regolare per salvare la Patria, cosa che si capisce anche: c’era non solo il fascismo ma l’occupazione del tedesco invasore,  fu così che divenne "ribelle tra i ribelli" tanto da collezionare sedici anni di reclusione per pochi mesi di milizia nel Cremona.Alla fine della guerra fu amnistiato.
Bebo lo ritroviamo anche a Firenze nell’operazione per la conquista della Stazione di Santa Maria Novella, dove i blindati inglesi rifiutarono l’appoggio ai partigiani e dove il combattimento si svolse casa per casa, l’episodio è citato anche nel film di Rossellini Paisà, Bebo rimase ferito.

Nel 1945, a guerra finita,   alla festa del Sasso, una sagra paesana, una di quelle feste di paese dove si sovrappongono motivi religiosi ad antichi riti pagani, ma nel caso specifico ci si andava sopratutto per mangiare della buona carne, era il 45!  Bebo e sui compagni partigiani che  erano andati per questa gita fuori porta furono bloccati da un prete colla scusa che "erano indecenti" segui un diverbio, un maresciallo intervenne in difesa del prete, il figlio del maresciallo sparò, Bebo restò ferito, un compagno comunista anziano fu ucciso , anche il maresciallo e il figlio rimasero uccisi.
Dove la Resistenza è stata un concerto corale di anime pie per la santa rinascita nazionale alla libertà?
 Bebo dovette scappare in Francia, poi illudendosi forse sulla democrazia e per ordine del partito comunista rientrò in Italia, era il periodo in cui si svolgevano numerosi processi contro gli "ex partigiani" in un clima di massima durezza, l’ordine doveva essere riportato, si doveva
procedere alla ricostruzione liberandosi delle "teste calde".Bebo fu arrestato e condannato a 19 anni.
La storia, quella non sentimentale, di Bebo ci fa capire come quello che si dice ora sulla Resistenza e Partigiani sono discorsi opportunisti: la Resistenza appartiene solo ad una parte, a quella parte che si è riconosciuta
in essa e che ancora vi si riconosce, la Resistenza non portò alla libertà, portò solo alla democrazia borghese, perchè la dittatura fascista non serviva più e perchè il sogno imperiale tedesco soccombette ai sogni degli
imperi vincenti, la Resistenza non è stato "un comune sentire storico", la Resistenza per tanti partigiani è stato un duro risveglio dalle illusioni propinate dagli illusionisti.
Bebo tu sei morto e non hai visto come oggi 25 aprile 2009, c’è chi vuol dare "pari dignità" ai repubblichini di Salò, e al prete e al maresciallo per cui finisti in galera: tutti accomunati: I partiti "resistenziali" sono crollati, nuove necessità si impongono nuovi equilibri si cercano, bisogna
fare fronte comune contro i resistenti di oggi : migranti in lotta, lavoratori che possono incominciare una nuova Resistenza, insubordinazione sociale, e così la storia della Resistenza Partigiana viene riscritta per l’ennesima volta, come tutta la Storia del resto.

Si è vero la lotta Partigiana, la Resistenza fu sopratutto una lotta di liberazione nazionale, e dentro vi erano tutte le componenti, del resto va vista nel contesto di una guerra mondiale, nella Resistenza  Europea all’occupazione nazista tedesca, cosa vuol dire sottolineare  con disprezzo
da parte di alcuni questo fatto, con sufficienza purista, cosa significa quel sottolineare che era sopratutto  una lotta di liberazione nazionale niente affatto rivoluzionaria? forse si vuol dire che se il fascismo avesse vinto e l’Unione Sovietica fosse stata battuta sarebbe stato tanto meglio?
Non ci sarebbe stato l’impero anglo americano, ma la dittatura nazifascista.Dicono alcuni il sistema democratico, la dittatura borghese che subiamo è il frutto di quella vittoria: un alibi per nascondere la propria pochezza, la propria nullità, il proprio essere imbelli, se subiamo la
dittatura borghese è perchè non abbiamo avuto la capacità o la volontà  e la forza di liberarci di essa.

D’altra parte altri continuano ad incensare la Resistenza
Partigiana relegandola nel mito, nella commemorazione del dovere compiuto, senza mettere in evidenza che i fucili furono deposti dai più e che le bandire rosse o nere soccombettero al tricolore, il tutto perchè non si tirino le somme per andare oltre lo stato di cose presenti.

Io in questo 25 aprile 2009 ricordo i Partigiani come Bebo e Corbari, i Partigiani sconfitti nei loro ideali perchè ci si riappropri dei loro ideali e della loro speranza in una società libera veramente.


Io in questo 25 aprile 2009 ricordo il filo rosso che lega i Partigiani d’ Italia ai combattenti della guerra di Spagna.

Io questo 25 aprile 2009 ricordo tutti i Resistenti che hanno lottato contro le dittature e i Golpe voluti ,poi ,dopo la caduta del fascismo e del nazismo dalla democrazia borghese vincente: dalla Resistenza  Greca, a quella Cilena, a quella Argentina, a tutti i desparesidos, a tutti quelli che ancora prendono il sentiero delle montagne col fucile in spalla.Sbagliano forse, ma nel loro errore c’è tanta dignità e tanto riscatto: è dai tentavi di ritrovare la propria dignità e il proprio riscatto che poi si imbocca il sentiero giusto che porta ad un mondo diverso, non nasce certo un mondo diverso da tutti i soloni che rifanno le pulci a questo o quel movimento di Resistenza in  armi, come non nasce dagli apologeti di facciata che fanno la loro parata commemorativa.


Io questo 25 aprile 2009 ricordo tutti i ragazzi , le donne e gli uomini che facevano le loro riunioni in segreto tallonati dalle tante Bande Collotti, che nascondevano i giornali usciti dalle stamperie clandestine tra le  gonne
o nelle ceste  sotto le patate, che facevano le loro scritte sui muri.

Io questo 25 aprile 2009  rivedo i nuovi Partigiani nei migranti di Bruzzano e nei lavoratori che sequestrano i capi, nella Grecia che non si arrende e mi dico

LA RESISTENZA NON FINISCE MAI,
BISOGNA RESISTERE PER POTER ATTACCARE DOMANI .

Con commozione penso alla forza dei tanti, e vorrei che questa forza si ritrovasse, che dopo il bando del febbraio 1944 che sanciva la pena di morte per i disertori e i renitenti alla leva, difendevano, nascondevano i
disertori malgrado nell’aprile dello stesso anno la pena di morte fosse estesa anche a chi dava rifugio ai disertori.

vittoria
L’avamposto degli Incompatibili
www.controappunto.org

http://www.youtube.com/watch?v=giwavEuFV1M&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=ZZ7hiMechGc

http://www.youtube.com/watch?v=HK7nbWqDAb0&feature=related

Dalle mondine ai call center

In una metafora tra passato e presente: il modo di produzione capitalista segna oggi come ieri una frattura insanabile fra interessi degli sfruttati e quelli degli sfruttatori. Il sistema capitalista preme gli individui a trovare un ruolo in una produzione sociale che non gli appartiene. Mentre le borghesi escono dalle loro "prigioni dorate" per rivendicare un posto in Parlamento o nelle professioni maschili, milioni di contadine e casalinghe vengono spinte dal bisogno nella produzione su larga scala: la fabbrica, la filanda, la miniera, l’ufficio e il call center diventano i luoghi di una ulteriore forma di vessazione, dell’oppressione di classe. Questo secondo fardello, la storia ci ha insegnato che però, le ha sottratte dalla solitudine delle quattro mura, diede loro la possibilità di trovare altre compagne e compagni con cui ribellarsi alla propria condizione di sfruttate, diventare protagoniste della propria vita, spezzare la propria sottomissione all’uomo, insomma dare un colpo al patriarcato. Tutta l’esperienza delle lotte delle lavoratrici insegna proprio questo: alla lotta sul luogo di lavoro si accompagna sempre una crisi nella famiglia, in cui gli uomini vedono con sospetto il nuovo protagonismo femminile e le donne, presa fiducia nelle loro capacità, non tollerano oltre i soprusi e le ridicolizzazioni della loro figura da parte dei padri, mariti e fratelli.

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