Il senso delle cose semplici

E cosi oggi primo giorno d’estate, celebrazione di nuove votazioni sempre più lontane da me sempre più inique per noi un accadimento imponderabile.
Fuggito dalle città, per quanto posso, ormai diversi anni orsono in cerca di pace e semplicità in questo angolo di mondo più vicino alla svizzera che al “bel paese” mi son svegliato di buon ora dal canto di fastidiosi fringuelli. Il sole saliva lungo la valle e intanto facevo colazione sotto la pergola. Mi guardavo intorno con l’occhio ancora spento e la gatta miagolando reclamava esaminando la sua ciotola vuota. Intento a quei pensieri mi accorsi che un signore avanzava per il sentiero e raggiunto la casa dove vivo con voce chiara e cristallina esclamò “arrotino avete bisogno dell’arrotino ?” sul subito son rimasto confuso andandogli incontro, più per ospitalità che per necessità. Olmo, questo il suo nome, è un uomo di un età indescrivibile, cappello, baffi e uno sguardo diritto ribadì con voce più pacata “serve il mulita? avete forbici, coltelli, falcetti che devono essere affilati?”. Cosi è iniziata questa nuova giornata e il suo proseguo con un artigiano di un mestiere che pensavo oramai perduto. Arrotava le lame raccolte in paese sotto la stessa pergola dove prima ero seduto. Una mattinata trascorsa tra canzoncine e bicchieri di vino.
Oggi avevo da fare diverse cose, vivere in una vecchia casa comporta mille lavoretti non è come un lego di plastica fatto di incastri, ma di piccoli ritocchi e di tanta pazienza, chi lo sa mi capisce. Abbiamo qua e là parlato di tante cose, anche di politica, e soprattutto del suo rifiuto ad integrarsi in un mondo che ha sempre rifiutato. Pochi soldi e un po’ di solitudine, ma altrettanta maestria e ingegno. Non son stato in grado di dirgli che io vivo grazie ad una cosa non  esiste, in altri post direi lavoro immateriale, mi sono inventato d’essere una specie di elettricista che rincorre le idee lungo un filo … perdonate non è di me che voglio parlare ma di una figura che mi ha sempre affascinato e pensavo persa. Un uomo senza volto che viaggia di casa in casa di paese in paese raccogliendo tradizioni perse nel tempo, libero dal controllo e nella mente l’ingegno di una tradizione montanara.
“ Chi dà, peui pija, ‘diau lu porta via” (Chi dà e poi riprende il diavolo lo prende) dice Olmo d’un tratto.
“Io devo proprio andare. E’ stato molto interessante conoscerla” aggiunse nonostante fosse tutto il giorno che lo pregavo di darmi molto più semplicemente del tu.
Il maestro guarda l’orologio. “E’ tardi devo ancora passare a fare la consegna del lavoro, saluta e se ne và. In bocca si è lasciato i tre chicchi di caffè che erano nel bicchiere dell’ultima sambuca che ora mi appresto anch’io a terminare; l’aroma grezzo si sprigiona nel palato e dà un gusto particolare a quell’imprevedibile mattinata.