Il muro bianco è repressione chiedetelo a UlriKe

Un filo nero lega la storia delle carceri speciali, nate come ulteriore prova di forza di un potere che non solo dimostra di detenere il monopolio della violenza fisica ma anche quello della violenza psicologica. Luoghi dove si pratica una tortura che spesso non lascia segni visibili, che si perpetua nel silenzio e nell’indifferenza anche di coloro che dovrebbero essere i primi a combattere per la loro distruzione. Da quel nove maggio 1976 in cui UlriKe Meinhof, militante della RAF, fu trovata "suicidata" nella cella del carcere speciale di Stammhein, per non dimenticare l’attualità delle carceri di tipo F in Turchia, del FIES in Spagna, dell’applicazione del 41bis in Italia, la tortura perpetrata nelle basi militari in Italia ed in Europa.

fonte corriere
A Rebibbia femminile, donne fuori dalle celle contro l’afa
Il cappellano attacca Alfano: «Costruirete nuovi ghetti»
Roma soffoca sotto una cappa di caldo e anche i detenuti soffrono le temperature vicine ai 40 gradi. Così giovedì mattina nel carcere di Regina Coeli è scoppiata la rivolta. Centinaia di uomini hanno iniziato a battere ritmicamente stoviglie e altri oggetti contro le sbarre delle celle. Alcune bomboletta di gas in dotazione ai fornelli da campeggio dei detenuti sono esplose.
IL DIRETTORE MINIMIZZA – La protesta dei detenuti contro il sovraffollamento e il caldo soffocante è cominciata poco dopo l’ora di pranzo nel carcere romano. Nel pomeriggio è proseguita e dalla terza sezione del penitenziario si è allargata anche alla sesta. Ma il direttore dell’istituto di pena, Mauro Mariani, minimizza.
«La protesta è più che altro di adesione e per il gran caldo – dice -: a Regina Coeli in questo momento non siamo in sovraffollamento». Mariani, attualmente è in vacanza, spiega che i detenuti sono meno di 900 e che il sovraffollamento si raggiunge oltre i mille. «Sono stato informato dal vice-direttore del carcere, Rosella Santoro – aggiunge -, che c’è stata una riunione e i detenuti hanno comunicato che la protesta della battitura si ripeterà stanotte dalle 22 alle 23, ma la situazione è abbastanza tranquilla».
ACCESSO LIBERO ALLE DOCCE – Nel frattempo, anche nel carcere femminile di Rebibbia, sempre a Roma, le detenute hanno chiesto e ottenuto – a causa del gran caldo – l’apertura delle celle non solo durante l’«orario della socialità» ma dalla mattina alla sera. Liberalizzato anche l’accesso alle docce.
MISURE ALTERNATIVE – Il Governo persegue invece la direzione opposta: «sicurezza – lamenta il cappellano di Rebibbia – mi sembra che attualmente significhi mettere il più possibile persone in carcere, tutte quelle che in qualche modo danno fastidio alla società libera. Per cui si sono penalizzate cose che non erano reati prima» e non si applicano le misure alternative già previste.
«A Roma – rileva don Spriano – abbiamo circa 2.500 detenuti e ne abbiamo 50 in semi-libertà; e poi più del 50 per cento dei detenuti non sono ancora condannati in maniera definitiva, non dovrebbero stare nemmeno in carcere», dove regna «la più assoluta apatia». […]
20 agosto 2009