UN ALTRO ANNO DI RABBIA E DIGNITA’

GENOVA Operaio suicidato: aveva perso il lavoro
Un metalmeccanico genovese di 37 anni si è ucciso ieri gettandosi dal viadotto dell’autostrada A7 Milano-Genova nel tratto tra Genova Ovest e Bolzaneto, in località Rivarolo. L’uomo aveva perso il lavoro un anno fa, ed era caduto in depressione, anche perché padre di tre bambini. L’uomo non ha lasciato messaggi. Si è gettato dal viadotto che attraversa via Piombelli.

Non abbiamo che la rabbia e la dignità. (da un post del 1 gennaio 2009 ed oggi …)

La rabbia che ci fa inorridire davanti alle immagini di questi giorni nella Striscia di Gaza, ai barconi stracolmi di uomini, donne e bambini che arrivano su improbabili barche nelle nostre coste, a chi non ci riesce e muore a tredici anni schiacciato dal tir sotto cui si nascondeva.

La rabbia che proviamo di fronte a questa guerra che ci impone nuove basi militari o all’arroganza del potere che vuole distruggere i nostri territori con mega discariche o linee ad alta velocità.

La rabbia che abbiamo provato in tanti per l’omicidio di Alexis in Grecia, come Carlo Giuliani a Genova, sette anni indietro. Per Abbba.

La rabbia che proviamo di fronte al Potere che ci vuole impoverire, sfruttare, controllare.

La rabbia verso chi sgombera spazi sociali e case occupate, agli imbecilli che predicano e praticano l’odio e la violenza.

La rabbia per chi è rinchiuso in un CPT e si ribella. Per chi muore di freddo nelle nostre ricche città o dal fuoco in una baracca.

La rabbia che proviamo nel ricatto dei padroni e dei suoi aguzzini (Marchionne) che goccia a goccia ci negano il futuro.
Lo stesso tasso di gioia (un referendum tra la morte e l’oblio) assuefatti alla noia viviamo così mondi sommersi tutti da scoprire.

Un nuovo viaggio nel FIAT-NAM

Riprendiamoci la FIAT, e tutti i luoghi del profitto, che sono nostri e non solo per il sangue proletario versato ma perché siamo noi che facciamo ricca la terra con il nostro sudore.

La dignità è la nostra arma, l’arma di chi in tutto il mondo non si sottomette, non accetta, e cerca di costruire altri cammini.
Partiamo dunque per un viaggio di cui non conosciamo le strade, né immaginiamo le destinazioni. Un viaggio lungo un anno ma anche cento, mille, e che durerà un anno e anche cento. Ma non sapere le strade non significa non avere nulla negli occhi. E sono le immagini di Gaza martoriata, dei suoi figli più piccoli massacrati e straziati, ad occupare oggi tutta la nostra visuale.

Partiamo con il cuore stretto da una morsa, quella dell’assurdità di questo mondo ingiusto, orribile. Partiamo sapendo che questo ci resterà dentro, ed è l’unica cosa che sappiamo. Si può forse portare con sé il dolore come compagno di viaggio? Si può mettersi in cammino con questo fardello che ti pesa e ti schiaccia?
Dovremo imparare a portarlo, impedendo che esso ci inchiodi al suolo, fermi, prostrati.
I bimbi di Gaza, come quel murales di Banksy tracciato sul muro israeliano della vergogna e dell’aphartheid, vogliono solo volare, attaccati ad un pallone che sale verso il cielo.
A loro, ai loro sogni e desideri che qualcuno o qualcosa di mostruoso cerca di rubare, va il nostro pensiero. E se nel percorso sconosciuto in cui ci avventuriamo, la coltre di nebbia, di fumo, di oscurità sarà fitta così tanto da renderci incapaci di proseguire, alzeremo gli occhi, cercando gli occhi che ridono dei bambini di Gaza che volano.

Il Lupo Irpino

23 Novembre 1980

Ancora oggi provo un senso di rabbia anche solo nello scriverne, ma quello che successe allora segnò pesantemente molte persone per quanto gli accadde a causa del sisma e per colpa del potere dei bugiardi.
La miseria, le menzogne, le false immagini dei TG che mostravano gli sfollati dello scempio ad un telefono non collegato sull’uscio di una baracca ancora da costruire, tutto per far sembrare che la situazione si stava normalizzando. TUTTO FALSO come in un set cinematografico.

Molti accadimenti in quei giorni, e non ultimi i tanti fogli di via che altri volontari come me dovettero subire perché intendevamo stabilire un aiuto che andava oltre al lavoro indispensabile delle braccia, ma era anche teso a smascherare gli abusi di meschine figure … a volte un giorno trascorre in un minuto … a volte un minuto è eterno … Il sisma del 23 novembre dell’80 durò poco + di un minuto…
Io sono uno di quei compagni che andarono in Irpinia per cercar d’aiutare dei fratelli colpiti da quella catastrofe … sono arrivato pochi giorni dopo il sisma, abbiamo operato prevalentemente a Conza della Campania, Sant’Angelo dei Lombardi, ma anche a Lioni, Pescopagano … ho molti ricordi ancora vivi nella mente e non solo dei poveri corpi inermi o delle ruspe che obbligavamo a fermarsi per non farne scempio. Ho stampato nella mente anche dell’orgoglio nella tristezza degli occhi di tanta gente.
Ricordo con gioia (piccole soddisfazioni) quando scacciavamo i giornalisti (alcuni rincorrendoli) dicendogli o prendi una pala o te ne vai, non abbiamo bisogno della tua pubblicità…

Sono stato nell’invaso dell’Ofanto fino al giorno di natale, ricordo il freddo, il vento ed anche il vuoto d’aria che produce la scossa tellurica nei suoi assestamenti e molto altro ancora … poi dovetti rientrare per presentarmi alla firma in questura ogni mattina … (G.attonero)

Il clima di quel tempo:
Nell’autunno del 1980, Radio Onda Rossa dà voce e sostegno alla lotta dei lavoratori e lavoratrici FIAT di Torino, attaccati frontalmente dalla prima imponente ristrutturazione tecnologica capitalistica in Italia che avrebbe portato alla cassintegrazione di 23.000 lavoratori. Alla notizia del tragico terremoto in Irpinia (novembre 1980) organizza autonomamente la raccolta di aiuti per quelle popolazioni con centinaia di persone che partirono immediatamente verso le zone disastrate. Ma questo attivismo e la critica politica della gestione istituzionale degli aiuti disturbò, anche in quella occasione, i poteri dello Stato. «Proponemmo che fossero le cooperative a gestire la ricostruzione rifiutando imprese, sindaci e soprattutto la chiesa che faceva sparire tutto. Fu troppo. Arrivarono al campo alle 6 del mattino dandoci 81 fogli di via per vagabondaggio. Poi venimmo assolti per non aver commesso il fatto» (Lillo).

Povera Vita Mia

Alle volte mi ritrovo con la testa tra le mani e penso di essere diventato pazzo mi dico cazzo! non è reale qua mi devo calmare eh già, devo stare calmo, riprendere il controllo, lucidità, perché fa caldo qua, senti che caldo che fa, si muore, ma si fa per dire non è che fa caldo e uno muore a meno che non sia anziano e c’abbia problemi col cuore o di pressione, ma non è che fa caldo e uno muore il caldo è una cosa naturale, come andare a lavorare. C’è l’affitto da pagare? Vai a lavorare, lì ti possono sfruttare, umiliare, sottopagare, cassaintegrare, ma non è che ti possono ammazzare, non è così, perdio, non è così che deve andare, cazzo, morire, cazzo morire per poco più di mille euro non può capitare, ma non si sa come succede ogni giorno a ben tre persone e io sarei il pazzo! mille morti l’anno è una guerra perdio ed io sono un pazzo fottuto che con una guerra in corso vado ancora in giro disarmato, un pazzo, un pazzo fottuto …

Ti ho visto lì per terra
al sole del mattino
le braccia e gambe rotte
dal dolore.
Dicevan che eri matto
ma devo ringraziare la tua pazzia.

Ti ho visto lì per terra
poi ti ha coperto il viso
la giacca del padrone
che ti ha ucciso.
T’hanno coperto subito
eri ormai per loro da buttar via.

Ci dicon Siamo uguali
ma io vorrei sapere
uguali davanti a chi?
uguali per che per chi?

E’ comodo per voi
dire che siamo uguali
davanti a una giustizia partigiana.
Cos’è questa giustizia
se non la vostra guardia quotidiana.

Ci dicon siamo uguali…

E’ comodo per voi
che avete in mano tutto
dire che siamo uguali davanti a Dio.
E’ un Dio tutto vostro,
è un Dio che non accetto e non conosco.

Dicevi questo ed altro
e ti chiamavan matto
ma quello in cui credevi verrà  fatto.
Alla legge del padrone
risponderemo con Rivoluzione.
 

E ora, brucia Modena!

Diario

Si allunga la lista delle rivolte nei centri di identificazione ed espulsione. Dopo Gorizia, Milano, Torino, Lamezia Terme e Bari, ora è il turno del Cie di via Lamarmora a Modena. La protesta è cominciata ieri pomeriggio con uno sciopero della fame proclamato da una trentina di nordafricani. In serata, alcuni reclusi hanno dato fuoco a diversi materassi, provocando un incendio spento solo tre ore dopo dai pompieri. Il fuoco della rabbia dei rivoltosi ha seriamente danneggiato quattro camerate, e infatti le dodici donne rinchiuse a Modena sono state trasferite in un altro centro, ma la polizia ha dovuto liberare quattro cinesi, che non sapevano proprio dove diavolo mettere.

Che le rivolte di questi giorni abbiano fatto infinitamente di più delle vane promesse di un ministro che diceva di voler “superare i Cpt” è ormai evidente. Che questo processo di demolizione a catena dei Cie debba continuare fino alla chiusura di tutti i centri è necessario. Che la scorta di pilloline tranquillanti di Maroni si stia esaurendo, è una voce che circola sempre più insistentemente nei corridoi del Viminale. Pace all’anima sua.

In attesa di qualche notizia in più  sulla rivolta di Modena, ecco una piccola rassegna stampa

macerie @ Agosto 18, 2009